Il Nowruz passato in famiglia – La mia esperienza in Iran

Nowruz capodanno in Iran

Il Nowruz passato in famiglia – La mia esperienza in Iran

Il capodanno iraniano, chiamato Nowruz, è tradizionalmente una ricorrenza da passare in famiglia.
Qui vi racconto con chi l’ho condiviso durante il mio viaggio in Iran

Il Nowruz – Il solstizio di primavera

In Iran il Capodanno si festeggia con l’arrivo del solstizio di primavera.
Questa tradizione prende il nome di Nowruz.
A dire il vero il Nowruz si festeggia in Iran e anche in tutti i Paesi limitrofi che facevano parte dell’antico regno di Persia.
Per fare solo un esempio, Pakistan, India e Afghanistan festeggiano in questo modo il capodanno.
I persiani infatti dicevano: “In questo periodo la Terra trova la forza di rigenerarsi, di lasciare l’inverno e trasformarsi in primavera..perchè questo non può farlo anche l’uomo?“.

Il nuovo anno in Iran si festeggia esattamente nell’ora in cui avviene il solstizio di primavera.

Quindi ogni anno cambia l’ora in cui festeggiare l’arrivo del nuovo anno!

Il Nowruz inizia già prima del giorno esatto e si protrae ben dopo, con una serie di rituali e simboli ai quali gli iraniani sono molto legati.
Trovi maggiori informazioni sul Nowruz leggendo “Che cos’è il Nowruz – Il capodanno iraniano“.

simboli nowruz iran

Come ho festeggiato il Nowruz in Iran

Può un viaggiatore straniero festeggiare il Capodanno iraniano?

E’ ciò che mi chiedevo, fino a quando non ho incontrato Ahmad.
Mi trovavo nel Deserto del Lut, un deserto meraviglioso, il più caldo al Mondo.
Nessuno parlava anche solo una lettera di inglese, così il titolare del posto dove mi trovavo per la notte a gesti mi portò da un ragazzo.
Avevo appena fatto la conoscenza di Ahmad, un infermiere che per qualche giorno aveva deciso di visitare alcune zone del suo amato Iran.
Ahmad parlava molto poco inglese, ma con l’aiuto di Google Translator in qualche modo riuscimmo a capirci.
Dopo aver visitato insieme il Deserto del Lut, mi chiese per favore di accompagnarlo a casa perchè voleva che passassi il Nowruz insieme alla sua famiglia.

Non mi sembrava vero, uno straniero avrebbe fatto parte di una famiglia iraniana durante i festeggiamenti del Nowruz.

Un italiano durante il Nowruz in Iran

Percorremmo oltre 500 km in macchina per raggiungere Mashaad, una grande città nel nord est iraniano, molto vicina al confine con il Turkmenistan.
Ahmad chiama sua moglie Fatemeh e i suoi genitori per avvisarli che un amico italiano passerà con loro il Nowruz.
Io mi sento un pò stordito.
Come vagabonder, che cerca l’esperienza di viaggio attraverso le persone, questo è il massimo che si possa ricevere.
Fatico però a rendermi conto di così tanta ospitalità e gentilezza gratuita, senza sapere a cosa sarei andato incontro.

Il primo giorno a Mashaad passa condividendo del buon tempo insieme ad Ahmad, sua moglie Fatemeh e loro figlia, la piccola Ava.
Finisco pure dentro una sala operatoria, mentre Ahmad che in teoria vende macchinari per le operazioni ospedaliere, opera due persone ai legamenti del ginocchio e io dentro la sala operatoria parlo con il primario di quando lui andò a Roma per un Master in ortopedia.
Sono ospite a casa loro, ho la mia stanza e cucinano dei piatti iraniani davvero buonissimi.
Ahmad mi avvisa che per cena inizieranno ad arrivare ospiti.
Da quando ha pronunciato quella frase si sono susseguiti tre giorni di incontri, cene, thè bollenti e saluti affettuosi.
Ora vi racconto.

A casa di Ahmad insieme ai suoi zii

Cosa si fa durante il Nowruz in Iran

Mangiare, ecco cosa si fa durante il Nowruz in Iran.

A parte gli scherzi, sono tanti i rituali che si possono fare durante il Nowruz.
L’anno nuovo è un’occasione per loro di stare in famiglia.
Per questo mi sorprese l’invito di Ahmad.

I principali comportamenti sono:

  • Entro due settimane dopo il solstizio, passare del tempo con tutti i familiari;
  • Imbandire un tavolo con i simboli delle “Sette S” del Nowruz;
  • Condividere tempo e pietanze con i familiari.

Il culmine del mio Nowruz avvenne quando ci invitarono a casa dei genitori di Ahmad.

Arriviamo in questa palazzina, semplice, nel centro di Mashaad.
All’ingresso mi viene detto di togliermi le scarpe e già scorgo un salone molto grande pieno di tappeti per terra e diverse persone.
Inizia la parte imbarazzante per uno straniero in Iran,

Chi saluto? Alle donne devo dare la mano? Si aspettano che io faccia qualcosa?

Scelgo per la più semplice quanto impopolare delle soluzioni:
Resto fermo immobile sul ciglio di casa.

Mi viene incontro un signore distinto, con barba e capelli bianchi che scoprirò successivamente essere il padre di Ahmad.
Mi stringe la mano forte dicendo a gran voce “welcome” cercando consensi attorno a sè per la parola inglese appena sciorinata.

Mentre mi faccio avanti verso il centro della sala saluto i presenti, tra cui la madre di Ahmad, mantenendo una debita distanza e sventolando in aria la mano come fossi il Papa.

Continuano ad arrivare parenti che di volta in volta mi vengono presentati.
Iniziano a portare thè e tanti dolcetti.
I membri più giovani della famiglia si avvicinano per parlare con me in inglese.

E’ stupendo vedere la loro attenzione e curiosità nei confronti di quello che noi chiamiamo Occidente.
Leggono e sanno tante cose, forse più di noi, con la speranza forse un giorno di poterci andare.

Scambio qualche cenno e timido saluto con i componenti della famiglia più adulti.
Viene in mio soccorso Fatemeh che si occupa di tradurre.

In questa mia nuova famiglia iraniana non mi chiamo Mattia ma prendo il nome di Mister Mathiu.
E’ talmente chiaro tra loro che io mi chiami così che non cerco neanche di smentirli.

Nowruz Iran un italiano a casa di una famiglia iraniana

Iniziano a giungere vassoi pieni di cibo, è il momento di cenare.
Mi aspetto che portino un tavolo al centro della sala, ma non succede.
Ahmad con un gesto della mano mi invita a sedermi sul tappeto.
I componenti della famiglia si siedono uno di fronte all’altro formando due file, tenendo spazio nel mezzo per il cibo.
Ai lati opposti si siede il padre di Ahmad e dalla parte opposta il sottoscritto.

Quel viaggiatore sgangherato venuto dall’Italia ha ricevuto l’onore di sedersi a capotavola, ehm no, a “capotappeto”.

Le sensazioni che ho provato a casa di iraniani

Non mi dilungherò a parlare di cosa ho mangiato, delle domande che mi hanno fatto, ecc.
Quello che voglio raccontare sono le sensazioni che ho provato come ospite durante una cena di famiglia in Iran.

famiglia iraniana durante la festa del Nowruz il nuovo anno

Ho percepito tanta curiosità per la mia presenza lì in mezzo a loro.
Mi risuonavano le parole del mio amico Reza di Isfahan: “Ricordati Mattia che per noi l’ospite è il migliore amico di Dio”.
Tanta accoglienza, tanta gentilezza gratuita mi lusingava.

La sorella più piccola di Ahmad mi ha chiesto di visitare la sua stanza mostrandomi con orgoglio il suo erbario e la zona dove studiava.
Era tutto così strano, ma prendevo i loro gesti con molto rispetto, sapendo che non lo facevano perchè ero io, Mattia, in quel momento rappresentavo “un altro Mondo” che veniva a far visita a casa loro.

Mentre sul divano, dopo l’ennesima razione di thè e dolcetti, parlavo di università con i cugini, successe l’inaspettato.

Iniziano a portarmi regali che ogni famiglia aveva pensato per me.
Un tappeto persiano, un uovo in ceramica simbolo del Nowruz, una scatola di thè e un libro del peso di circa 3 kg con le illustrazioni di tutte le meraviglie architettoniche e naturali dell’Iran.
Ringrazio molto emozionato, davanti a sguardi sereni e sorridenti.

Mi si fanno avanti le due signore più grandi della comitiva, la zia e la nonna di Ahmad che fino a quel momento erano rimaste in disparte.
La zia, come mi tradurrà Fatemeh, mi regala con dedica un libro scritto da lei, in lingua Farsi, sulla figura del poeta Rumi, uno degli antichi poeti più apprezzati in Iran.

La nonna mi porta due banconote da 20mila Rial ciascuna.
Mi viene detto che una è per me e l’altra dovrò darla a Marta, la mia ragazza, una volta ritornato in Italia.
Era il suo modo per augurarci fortuna e prosperità.

Non credo debba aggiungere altro.
C’è chi viaggia a volte in questi Paesi sentendosi appartenente a un Paese ricco e civilizzato.

Vorrei che provassero esperienze come questa.
Si renderebbero subito conto dove si trova la vera ricchezza.