Del Backgammon, della vita e di altre cose

Del Backgammon, della vita e di altre cose

Il Backgammon è un gioco da tavola nato in Iran oltre quattromila anni fa. E’ molto praticato nei locali, magari abbinato a qualche tiro di shisha (o narghilè che dir si voglia) ben aromatizzata.

Avete presente quei giochi in scatola “pocket”? Di quelli versione ridotta che chiudi facilmente e metti nello zaino. Ricordo che da piccolo avevo il gioco del backgammon in versione pocket. Negli anni’90 c’era stata una sorta di “esplosione” di queste cose, o semplicemente si distribuiva di tutto. Non credo di averci mai giocato veramente. Muovevo le pedine bianche e nere in mille direzioni. Credo poi di averlo accantonato con l’avvento di qualche nuovo videogioco.

Mi trovo a Kerman, nel sud dell’Iran, ospite tramite couchsurfing di Metti. Ha un ostello, proprio sopra casa sua e della sua famiglia e mi dà la possibilità di starci per qualche giorno senza volere nulla.  E’ un ragazzo tranquillo, apparentemente molto riservato, che con enorme disponibilità mi fa conoscere i suoi amici e mi racconta qualcosa di più sulla sua città. Una sera mi porta in un locale dove si fuma il narghilè, che qui chiamano shisha. Mi spiega che è diverso rispetto al comune narghilè turco, ma io sinceramente non ne trovo la differenza. Sorrido e accetto di dare qualche tiro, chiedendo a lui di scegliere l’aroma, oltre al the che ovviamente non poteva mancare.

Attorno al fumo di narghilè che via via si spande da più parti nel locale, si nascondono anche tanti miei pensieri. Da qualche ora ho appreso da un messaggio di mia sorella della scomparsa di mio zio Mauro. Per me una di quelle figure che portano il colore della mia infanzia, quando hai gli occhi grandi di curiosità e vuoi bene incondizionatamente. Mio zio era un gigante buono (e usare quel verbo al passato è strano nonché doloroso) di quelli che con la propria energia e un’infinita dolcezza catalizzavano attorno a sé l’attenzione di tantissime persone e la mia. Vivere questa scomparsa alla distanza amplifica il vuoto e stordisce.

I miei pensieri fluttuavano in aria mescolati al fumo del narghilè dicevamo.

Metti si alza per poi ritornare appoggiando sul tavolo una scatola in legno.
Hai mai giocato a Backgammon?” – mi dice.

Volevo tutto tranne che giocare a qualcosa.

“Dai, è molto più che un gioco!” – ribatte con aria convincente.Accetto, lui ritorna al suo posto, e mentre sistema le pedine mi racconta una storia.

La storia del Backgammon – Giocate in tavola, non fate la guerra

Dovete sapere che oltre duemila anni fa il regno di Persia aveva raggiunto il suo massimo splendore, includendo praticamente tutta l’Asia e parte della Cina. Era una Persia differente, che non aveva ancora avuto l’invasione araba, che governava nel rispetto di religioni e culture diverse.

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Ci troviamo nel regno del Re di Persia Ardashir Babakan, della dinastia dei Sasanidi (180-242 A.C.).

Un giorno come tanti altri, giunse il momento di riscuotere i tributi. Alcuni rappresentanti di quella che poi diventerà l’India, si recano a palazzo per pagare quanto dovuto al regno di Persia. Inaspettatamente porgono al cospetto del tesoriere una scatola contenente delle statuine.
“Vi proponiamo un accordo” – espone deciso uno dei rappresentanti la delegazione indiana. “Su avanti, di che si tratta” – ribatte la delegazione persiana.

“Se voi risolverete questo gioco allora noi pagheremo il doppio delle imposte. Ma se invece non vi riuscirete, il nostro dazio verrà cancellato” – dichiara con fermezza la compagine indiana.

I persiani, a loro insaputa, erano capitati di fronte al primo prototipo di scacchi. Gli scacchi, inventati in India, rappresentano una situazione di guerra, nella quale i due schieramenti si fronteggiano dinnanzi ai rispettivi “reali”.
I persiani non riuscirono a risolvere il gioco proposto e dovettero concedere l’esonero dal pagamento dei dazi agli abitanti dell’India. Quando si ripresentò il momento l’anno successivo di pagare le imposte, la delegazione indiana ricevette allora un’inaspettata sorpresa da quella persiana. 

“Se voi risolverete questo gioco allora noi annulleremo le vostre imposte. Ma se invece non vi riuscirete, il vostro dazio verrà raddoppiato” –  spiegarono i persiani introducendo una nuova scatola in legno.

La scatola avanzata questa volta aveva al suo interno trenta pedine, metà di colore bianco e metà di colore nero, oltre a due dadi. Gli indiani provarono e riprovarono, senza mai trovare una soluzione. Erano davanti al primo prototipo di Takhte Nard, che poi venne conosciuto su scala mondiale con il nome di Backgammon.

Come si gioca a Backgammon

come si gioca a backgammon le origini del backgammon in Iran

Il Backgammon è un gioco che stimola molto la mente. Il piano di gioco è suddiviso in quattro quadranti. Ciascun giocatore parte da un quadrante, opposto a quello avversario. Le trenta pedine, metà bianche e metà nere, sono predisposte in una posizione predefinita. Attraverso il tiro dei dadi, ciascun giocatore dovrà riuscire a portare tutte le proprie pedine nel proprio quadrante. Una volta raggruppate, sempre attraverso il tiro di dadi, il giocatore dovrà riuscire a togliere tutte le pedine dal quadrante di gioco. Vince chi riesce per primo a togliere tutte le pedine del proprio colore. Costituiscono variabili di gioco la possibilità che le pedine vengano “mangiate” dall’avversario (possono però sempre ritornare in gioco) e il fatto che si incontri, nella direzione opposta, “il cammino dell’avversario”.

Il significato del Backgammon

Probabilmente non avrete capito granché su come si gioca a Backgammon. Però leggete bene quale significato è nascosto dietro a questo gioco. Innanzitutto c’è da dire che il Backgammon, al contrario degli scacchi che raffiguravano la guerra, rappresenta una competizione pacifica.

A Il piano di gioco raffigura la galassia. I quattro quadranti nei quali è suddiviso il piano sono le quattro stagioni. All’interno di questo piano si muovono trenta pedine, come i giorni di un mese. I colori bianco e nero delle pedine servono a rappresentare il giorno e la notte. Le pedine si muovono attraverso ventiquattro caselle, le ore del giorno. Muovendosi, le pedine compiono il ciclo della vita attraversando le varie stagioni. Non si devono affrontare scontri e conflitti, “semplicemente” bisogna sapersi muovere “lungo la strada”. L’obiettivo del gioco è quello di far uscire le quindici pedine dal riquadro “galassia”. I dadi, che rappresentano la forza della natura, daranno l’opportunitá di muoversi tra le varie caselle. Chi riuscirà per primo a far uscire tutte le quindici pedine avrà vinto, poiché avrà permesso loro, attraverso le proprie scelte, di compiere per intero il loro percorso di vita.

Mi fa effetto vedere come un gioco in scatola possa essere portatore di così tanti significati “criptati”. È altrettanto suggestivo e impattante pensare come oltre duemila anni fa i regnanti di Persia si prodigavano per diffondere tolleranza e rispetto, mentre su quelle stesse terre oggigiorno la classe dirigente del Paese mira a limitare, controllare e reprimere.

Finita la partita Metti mi dice “Che poi alla fine la forza della natura, ovvero i dadi, ti possono dare una grande mano, ma tutto poi dipende dalle scelte, dalle strategie che noi stessi decidiamo di applicare al nostro cammino”.

Credo proprio sia tutto qui.

“Dove vai questa volta?. “”In Iran”.

“Bravo Matti, viaggia più che puoi” (Cit. un gigante buono)